Si approssima il Natale. Feste, luci, cibo sprecato, ostentata felicità usata da anni per mascherare/archiviare/rimuovere vecchie preoccupazioni… Nel Vangelo di Luca viene riportato l'episodio che tutti conosciamo e denominiamo come “annunciazione” (Luca cap. 1 da verso 26 a 38), ovvero il messaggio della natalità da parte dell'angelo (Gabriele) a Maria di Nazareth. Una scena descritta e rappresentata, nella storia del mondo occidentale, in tutte le maniere ed espressioni possibili. Tuttavia una attenta esegesi del testo lucano, consente l'emergere di particolari che già da tempo sfuggono a lettori preoccupati più delle implicazioni storico / pragmatiche dell'evento che piuttosto del suo reale significato biblico. A Maria viene rivelata una “strategia” dalla portata cosmica, universale. Una decisione che Dio ha preso ab eterno: occorre liberare l'umanità, riscattarla da quel male che ne ha definitivamente alterato la sua originaria destinazione di un essere inserito in perfetto equilibrio con la natura, pronto ad accogliere ed assecondare tutte le sue esigenze, allo scopo di concorrere in modo decisivo alla conservazione di tutto il creato, dono irripetibile dell' azione divina. È già nel semplice saluto di Gabriele a Maria, da una attenta esegesi del testo, che si rendono evidenti in maniera completa e definitiva i piani di Dio per la salvezza dell’umanità. Si tratta di un saluto emblematico, capace di attraversare i tempi, di proiettarsi su ogni semplice credente. Gabriele prorompe nella vita della giovane Maria (aveva circa 12 o 13 anni) in Galilea, a Nazaret. Già qui si evidenzia qualcosa di sorprendente, perché a differenza del passato, una tale “manifestazione escatologica”, dalla portata cosmica, non avviene in un ambito cultuale, all’interno del tempio, resa a un sacerdote…, tutt’altro, siamo nella umile casa di una umile ragazzina! Dio si manifesta dove e a chi vuole! L’evangelista Luca in un solo verso ( il verso 27 ) passa a descrivere doviziosamente lo “status” esistenziale di Maria: era vergine, fidanzata con un certo Giuseppe di discendenza davidica. Informazione non da poco. Innanzitutto perché viene sancita la discendenza, a mezzo della figura di Giuseppe, davidica di Gesù . Maria, invece, “sembra” appartenere a una discendenza levitica. Era “vergine” (chiaro riferimento a Isaia 7;14 ). Solo dopo un anno la fidanzata “veniva portata a casa” del suo uomo, sino ad allora ella resta nella casa paterna, sotto la potestà paterna, ma è già equiparata ad una donna sposata, in caso di adulterio, veniva trattata come una donna sposata. Contrariamente alla interpretazione sommaria, Gabriele non “appare” lei “all’improvviso in casa di Maria ma “entra” da lei (così come al verso 20 “parte da e non scompare... ). Si tratta, quindi, di un procedere famigliare di Gabriele, senza suscitare nessun particolare tremore, semmai stupore. Ma veniamo all’emblematico saluto (verso 28): “TI SALUTO, PIENA DI GRAZIA, IL SIGNORE È CON TE”. “Piena di grazia” (kekaritomène) - “hai trovato grazia presso Dio” ( vedi verso 30 ), è un saluto usuale greco, composto da un appellativo e un detto di benedizione, ciò non implica il riconoscimento di una dignità personale, di una vita giusta, qui (così come in Ebrei 4;16) assistiamo all’effetto della libera azione di grazia intrapresa da Dio. Siamo certi, anche, che si esclude, con queste parole, la “concezione immacolata di Maria”, questa interpretazione la dobbiamo soltanto alla “penetrazione (H. Schurmann)” della fede della Chiesa dei primi secoli (protocattolicesimo!). Il saluto si conclude con un appello espresso come un desiderio: “il Signore è con te”. (o kyrios metà sù). È una affermazione fondamentale del patto veterotestamentario (del Vecchio Testamento), del patto davidico. Con questa espressione si intende riconoscere l’azione di un Dio che si rende presente personalmente presso la persona salutata. Lasciarsi penetrare dal messaggio della natalità, implica la fede nell’azione della libera grazia di Dio nei nostri confronti. Vive il Natale soltanto colui / colei che si sente oggetto della grazia divina, senza per questo stimarsi il destinatario/a di una “particolare” attenzione. Rimaniamo ciò che siamo, con le nostre debolezze, i nostri errori, nella nostra piena umanità ma, a differenza di chi non è disposto a credere, ci sentiamo coinvolti e protagonisti di una “strategia” della salvezza, capace di agire sul nostro vissuto, perché vuole cambiarci e destinarci a una nuova esistenza. Vive il Natale soltanto colui / colei che crede fermamente possibile la presenza divina presso di se. Una presenza discreta eppure avvertibile. Una presenza disponibile ad ascoltare le nostre angustie, le nostre perplessità... Una presenza disposta ad accompagnarci con discrezione per tutta la nostra esistenza. Il verso 29 è parte integrante del saluto di Gabriele. La reazione di Maria non maschera lo sconcerto nell’udire parole così piene di promesse, tuttavia ella non si spaventa affatto bensì inizia una intima e tranquilla riflessione, segno di una spiritualità assennata. Solo colui / colei che si lascia coinvolgere personalmente dalle promesse divine, dal piano strategico di salvezza divino, e che si rende disponibile a far emergere dal proprio intimo una spiritualità, forse mai riconosciuta, sta vivendo il messaggio natalizio nella sua pienezza e sincerità. di Giuseppe Verrillo dal Notiziario "Evangelica Oggi" N. 6 , novembre-dicembre 2018
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Novembre 2018
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